L’handbiker Romina Modena, 11 anni fa, dava alla luce sua figlia Matilde e non sapeva ancora che ciò le avrebbe cambiato la vita. All’indomani del parto un’encefalo mielite virale le paralizzò le gambe. Comincia così un rapporto fra mamma e figlia più impegnativo del solito. Che si è trasformato in una bellissima storia d’amore. Una storia per la Festa della mamma. Che invita le altre mamme handbiker ad aggiungere la loro.
I PRIMI VAGITI E IL BUOIO. «Ricordo le prime ore, quando mi portarono Matilde appena nata. Eravamo tutti felici. Il giorno dopo si manifesta la malattia e per me comincia il periodo di buio. Sono stata in coma per 50 giorni. Quando mi ripresi, ero angosciata per quel periodo di vuoto fra me e mia figlia, pensavo potesse condizionare la relazione. In pratica non avevo vissuto i primi due mesi di vita di mia figlia».
UNA MAMMA A META’. «Mi sentivo una mamma a metà. Non potevo fare le cose che facevano le altre. Non potevo uscire con la carrozzina, ero già io in carrozzina. La mia è stata una riabilitazione lunga. Mia figlia è stata la spinta quotidiana per migliorare le miei condizioni».
NON SOLO MATILDE. «Dopo le dimissioni dal centro di riabilitazione, le prime settimane a casa sono state drammatiche. Ero caduta nell’apatia. Non capivo chi ero. Mi sentivo inadeguata come madre. E soprattutto non volevo uscire di casa. A darmi una forza in più è stato un bambino che ogni giorno passava davanti a casa. Io ero seduta sul divano, i nostri sguardi si incrociavano e mi salutava con la mano. All’inizio era solo un saluto. Poi quel gesto mi ha fatto nascere la voglia di andarlo a conoscere e per farlo dovevo uscire di casa. Matilde era importante mi stava facendo sentire madre, ma quel bambino mi fece alzare dal divano a cui mi sentivo inchiodata».
MAMMA-MOGLIE-ATLETA. «Noi donne siamo abituate a occuparci di tante cose contemporaneamente. Con un po’ di organizzazione si riesce a seguire la famiglia e a ritagliare spazi per se stesse. Questi momenti li dedico agli allenamenti con l’handbike e alla palestra. Per me lo sport è diventato molto importante. Anzi lo è per tutta la famiglia che mi sta seguendo come handbiker che partecipa al Giro d’Italia di hadnbike e come velista, altro sport che ho iniziato a praticare quest’anno».
HANDBIKE, UN PONTE FRA MAMMA E FIGLIA. «Matilde va fiera di me che vado in handbike. Matilde sa tutto della bici che si pedala con le mani, conosce i pezzi che la compongono, conosce le regola che si devono seguire sulla strada e di questo va orgogliosa fra i suoi amici e compagni di scuola. È lei che ogni volta che esco ad allenarmi mi mette la bandierina di segnalazione. Non l’ho mai sentita lamentarsi o piangere perché sua mamma non muove bene le gambe. L’ho sempre vista felice perché la sua mamma va in handbike».
FESTA DELLA MAMMA E GIRO D’ITALIA DI HANDBIKE. C’è una frase che riassume la Festa della mamma di una handbiker del Giro d’Italia in handbike? Per Romina è questa: «L’handbike ha aiutato Matilde a credere di più in sua mamma».
UNA STORIA, TANTE STORIE. Questa è la storia di Romina Modena. Tutte le altre mamme handbiker del Giro d’Italia di handbike sono invitate ad aggiungere le loro. Anche sono con un pensiero, una frase.
L’handbiker Maria Teresa Paciotti ha vissuto due vite: mamma senza e mamma con la sclerosi multipla. Nell’attesa di una diagnosi arrivata nell’arco di dieci anni, ha affrontato una nuova gravidanza. Oggi Mirko, Virginia e Lucia hanno una mamma e mezza, come si definisce Maria Teresa che si racconta.
MAMMA SENZA. «Un’esperienza come tante altre mamme con i primi due figli, Mirko e Virginia. Nel 1995 cominciano i primi sintomi della sclerosi, ma nessuno riesce a capire. La mia vita di mamma ufficialmente senza la sclerosi multipla prosegue e affronto la terza gravidanza e nel 1999 nasce Lucia. Solo nel 2005 mi viene diagnosticata la malattia».
MAMMA CON. «La sclerosi multipla è una malattia progressiva. Periodicamente perdi il controllo di una parte del tuo corpo e ogni volta devi rielaborare il lutto di quella parte. Inoltre devi mettere in discussione te stessa. Anche come madre».
MADREA A META’.«C’è stato un episodio che mi ha fatto sentire una mamma a metà. Un’affermazione di mia figlia che rinunciava ad andare in piscina per chè io non riuscivo più a guidare l’auto e quindi ad accompagnarla. Quella frase che Lucia disse non per lamentarsi ma come semplice constatazione, mi spinse a prendere la patente speciale. E con una vettura adattata, tornai a usare autonomamente l’auto e a scarrozzare me, i miei figli e mio marito per la città».
MAMMA HANDBIKER. Roberta Amadeo nel 2011 mi ha inviato a vedere una gara del Giro d’Italia di handbike. Pensavo alla solita gara di disabili tristi e rassegnati. Invece ho trovato un ambiente competitivo, allegro, sportivo. Torno a casa e con me un pensiero che si infilava ovunque e io a cacciarlo perché mi dicevo: non hai mai fatto sport in tutta la tua vita, nemmeno da sana, cosa vuoi cominciare a 46 anni? Non ci ho dormito la notte e il giorno dopo chiedo a Roberta dove trovare una handbike da provare. E da quel giorno non ho mai smesso di pedalare».
HANDBIKE, UNA DI FAMIGLIA.«I miei figli quando ho cominciato a fare handbike hanno avuto reazioni diverse. Protezione: è il caso di Mirko, 25 anni, che sposta persino gli appuntamenti serali con gli amici pur di aiutarmi a tornare dagli allenamenti. Collaborazione, come mi dimostra ogni giorno Virginia, 23 anni. Tifo sfrenato è quello che fa Lucia, 13 anni. Mi segue in ogni gara e quando mi alleno la domenica se ne sta a bordo pista a fare i compiti e a studiare».
MAMMA-MOGLIE-HANDBIKER-CONSIGLIERE NAZIONALE DI AISM. «L’impegno in associazione mi porta a essere sempre attiva, viaggio molto. E anche questo aspetto della mia vita ha contribuito a far capire ai miei figli che avere una mamma con la sclerosi non significa avere in casa un peso morto. Penso che il mio approccio alla vita sia per loro la dimostrazione che nella vita bisogna impegnarsi per raggiungere certi risultati che danno una gioia grande. E mi riferisco sia dell’Aism sia all’handbike».
LA FRASE PER LA FESTA DELLA MAMMA. «Da quando faccio handbike, i miei figli hanno una mamma e mezza. Perché rispetto alle mamme dei loro coetanei, faccio sport a un certo livello con allenamenti e tanto di gare. Altro che mamma dis-abile».